martedì 29 maggio 2012

PROFUMO VUOLE PREMIARE IL MERITO. NEL MODO GIUSTO?

In un commento sul “Corriere della Sera” di domenica, Andrea Ichino esprime una valutazione critica sul recentissimo annuncio del ministro Profumo di voler premiare gli studenti migliori. La vera urgenza, sostiene, è quella di premiare i migliori, sì, ma fra i docenti: "...La sperimentazione ministeriale “Valorizza”, nel passato anno scolastico, aveva disegnato un modo per identificare e premiare gli insegnanti migliori basato sulla loro reputazione all’interno di una scuola, misurata in termini di giudizi positivi dei colleghi, delle famiglie e degli studenti. Non di una sola di queste tre componenti, ma di tutte e tre. L’idea era proprio di premiare quegli insegnanti che tutti indistintamente apprezzano. Quelli di cui gli studenti si ricordano anche dopo 40 anni. Questa sperimentazione, certamente migliorabile ma che aveva dato risultati davvero incoraggianti (e ancor più ne darebbe se il Miur si decidesse a pagare i premiati!), è stata invece affossata dal Ministro sotto la pressione dei sindacati, che vogliono mantenere il diritto di contrattare ogni elemento della retribuzione per poter dare “premi” a tutti, buoni e cattivi..." . Ichino fa quindi sua la politica premiale del precedente ministro: si possono anche premiare gli studenti migliori di ogni singola scuola, ma va pure dato un riconoscimento ogni anno agli insegnanti più bravi, che in fondo costituiscono per i loro allievi il "premio" più bello. 
Questo avrebbe però a mio parere conseguenze mortificanti per una buona parte della categoria, cioè proprio per tutti i bravi e seri colleghi, che magari sono di poco inferiori nell'apprezzamento di famiglie e studenti. Inoltre qui non si parla affatto di sanzionare il demerito professionale, riprendendo più o meno consapevolmente la logica del concorso berlingueriano di anni fa e cioè di premiare i buoni (?) insegnanti e di lasciare al loro posto quelli cattivi.
In altre parole, fare ogni anno la graduatoria dei docenti più bravi, assegnando la palma al migliore, pur con criteri oggettivi nella selezione, non creerebbe una virtuosa competizione ed emulazione tra i colleghi, anzi sarebbe un'ulteriore fonte di divisione e di reciproche invidie tra chi vede da un lato premiare uno o più colleghi, magari di pochissimo più apprezzati di lui, dall'altro il collega assenteista e/o incapace che continua a essere trattato come chi fa il proprio dovere. Nota a questo proposito Giorgio Allulli in un approfondito intervento in tema di valutazione sul numero 3 di “Scuola Democratica”,  che molti sostengono che “la sollecitazione di una competizione tra i docenti compromette la cooperazione all’interno della scuola, che invece rappresenta un valore ed una dimensione fondamentale di un efficace insegnamento”.
Last but not least: premiare ogni anno pochi insegnanti di fatto significherebbe rimandare alle calende greche la questione del riconoscimento economico di una categoria professionale, che da anni ha un livello retributivo da paese del terzo mondo, come tutti riconoscono. Lo fa anche lo stesso Ichino, trovando però una soluzione, che sa di ennesima beffa alla maggior parte degli insegnanti italiani.
Critico anche Giorgio Israel sul “Messaggero”, ma da un punto di vista diverso: a chi tocca valutare gli insegnanti? “Non si vuol prendere atto che l’unico sistema valido è quello delle ispezioni, concepito come un processo interattivo all’interno del sistema capace di attivare il fine autentico della valutazione, ovvero un processo di crescita culturale”. Non parliamo poi del criterio di cui si parla per individuare le buone scuole: il minor numero di bocciati: “In questo caso, basterà promuovere tutti per diventare «eccellenti»”.  (SC)