lunedì 28 novembre 2011

I LABORATORI VUOTI DEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI

L'esasperazione di noi insegnanti degli Ipsia e soprattutto di noi insegnanti tecnico-pratici è arrivata al culmine. Negli ultimi 15 anni sui professionali si sono abbattute due riforme una più sciagurata dell'altra, iniziando dal famigerato Progetto 92, passando per il Progetto 2002 che ha poi portato all'attuale disastro della riforma Gelmini. Le persone che sono dietro a queste riforme sono sempre le stesse, persone che hanno a cuore tanti interessi tranne che quelli degli alunni e dei loro bisogni e aspettative.Vedere nella mia scuola che ha una storia di 50 anni, i laboratori VUOTI, in disarmo, quasi fossero inutili cimeli del passato fa veramente male. Sapere che la mia scuola ha una potenzialità incredibile per quanto riguarda la preparazione professionale degli alunni e la lotta contro gli abbandoni e la dispersione scolastica, e che questa stessa potenzialità viene eliminata distrutta annullata da una riforma che non ha né capo né coda, provoca in noi una grande rabbia e delusione.Prima del progetto 92 i ragazzi facevano 40 ore di lezione settimanale, 20 in aula e 20 in laboratorio. Le classi prime erano mediamente composte da 29, 30 e anche 32 alunni. Durante l'anno si ritiravano al massimo 3 o 4 alunni, i bocciati a giugno erano intorno alle 5 o 6 unità, mediamente si portavano in seconda circa 18, 20 alunni per classe. Dall'introduzione del Progetto 92, dove si dimezzarono le ore di laboratorio, nonostante la diminuzione degli alunni per classe che si attestavano intorno alle 26 unità al massimo, con criteri di valutazione molto più blandi, l'eliminazione della prova di stato per la qualifica e l'introduzione delle prove strutturate realizzate da ogni singolo istituto, la dispersione scolastica cominciò ad aumentare in maniera esponenziale. Invece di fermarsi e tornare indietro, questi stessi personaggi che ora fanno parte della commissione De Toni proposero una ulteriore diminuzione delle ore di laboratorio (le uniche in grado di recuperare gli alunni, di motivarli), portandole a sole 4 settimanali. Dal progetto 2002 nasce l'attuale riforma Gelmini. Sono stati ideati settori come manutenzione e assistenza tecnica o produzioni industriali ed artigianali che non hanno nessuna attinenza con la realtà produttiva e con le esigenze delle aziende e del mondo del lavoro. Chi si reca in qualsiasi cantiere, in qualsiasi industria, in ogni piccola o media impresa si sente dire che hanno bisogno di buoni tecnici o installatori elettrici, di buoni operatori al tornio a controllo numerico, di meccatronici, di installatori e tecnici nel campo del condizionamento dell'aria. Nessuno, dico nessuno richiederà un manutentore generico, in quanto non sarà in grado di fare un bel nulla, in qualsiasi settore si possa cimentare. Ho vissuto all'estero per parecchi anni tra Francia, Germania e Svizzera. L'istruzione professionale è presa in grande considerazione, è finanziata, sostenuta in maniera massiccia dallo stato o dai Lander come in Germania. Sono corsi talmente seri e richiesti che in Svizzera, per esempio, sono a numero chiuso e vengono messi a concorso. La disciplina è ferrea e i ragazzi firmano a 14 anni un vero e proprio contratto di lavoro, dove diritti e doveri vengono messi per iscritto così come le sanzioni e le multe (si paga anche per assenze ingiustificate). Se non paghi, non rientri a scuola e dopo il secondo preavviso vieni definitivamente espulso. La struttura dell'orario è simile a quella che i nostri professionali avevano fino al 1994 ossia 50% delle ore in aula e il 50% in laboratorio (pratica professionale in Germania arriva al 60% dell'orario). Il collegamento con le aziende esiste, ma non è fondamentale in quanto sono le scuole che in quei paesi fanno innovazione e quindi sono le aziende che vanno a scuola e non il contrario. Anche noi abbiamo tentato di recuperare ore di laboratorio collaborando con la Regione, ma alla fine alle regioni non importa gran che di collaborare con gli istituti statali perché loro puntano a gestire i corsi di istruzione e formazione direttamente per poter disporre a loro piacimento dei fondi e per poter piazzare i numerosi "insegnanti" legati a sindacati o associazioni religiose leader nel settore della formazione professionale.

Riccardo Galante